Processo tributario – Spese del giudizio – Principio di soccombenza – Soccombenza virtuale –Compensazione delle spese.

Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Lazio, Sez. 13 – Sentenza n. 4074/2024,
depositata il 19/06/2024 – Pres. Musumeci, Rel. Laudiero.


SINTESI DELLA SENTENZA
La regolamentazione delle spese nel processo tributario trova codificazione nell’art. 15 del d.lgs.
546/92 che contiene il principio generale di responsabilità per le spese del giudizio. La norma
ricalca la formulazione dell’art. 91 cpc secondo cui la parte soccombente è condannata a rimborsare
le spese di lite sostenute dalla parte vittoriosa salvo il potere di compensazione rimesso al giudice in
base alla regola dell’art. 92 cpc cui la disposizione tributaria fa espresso rinvio. Il regime delle spese
fondato sul principio di soccombenza è stato introdotto nel processo tributario in attuazione della
delega di cui alla L. 413/91 sia per dare attuazione al precetto costituzionale del diritto di difesa (art.
24 Cost.) che verrebbe menomato se una parte per ottenere tutela dovesse subire un sacrificio
patrimoniale quale conseguenza della prevista obbligatorietà della assistenza tecnico professionale
(per le controversie di valore superiore ad € 2.582,28) ai sensi dell’art. 12 d.lgs. 546/92.
COMMENTO
La sentenza affronta il tema del regime delle spese del giudizio, introdotto nel processo
tributario in attuazione della delega contenuta nella legge n. 413/1991 (nella vigenza del
d.P.R. n. 636/1972 non era previsto il regime delle spese di lite), per adeguarsi al precetto
costituzionale del diritto di difesa (art. 24 Cost.).
Pur nella sua semplicità offre taluni spunti di riflessione, anche alla luce della recente
novella legislativa (art. 1 d.lgs. 220/2023).
La regola generale è che la parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del
giudizio che sono liquidate con la sentenza (art. 15 c. 1 d.lgs. 546/92).
La disposizione ricalca l’art. 91 cpc e per giurisprudenza consolidata della Corte di
Cassazione, al fine della distribuzione dell’onere delle spese del processo tra le parti,
essenziale criterio rivelatore della soccombenza è stato rinvenuto nell’aver dato causa al
giudizio, per cui la soccombenza non è esclusa dalla circostanza che, una volta convenuta
in giudizio, la parte sia rimasta contumace o abbia riconosciuto come fondata la pretesa
che aveva prima lasciato insoddisfatta, così da renderne necessario l’accertamento
giudiziale (Cass. Ord. 32319/2024).
Correlato al diritto di difesa (art. 24 Cost.) è altresì il principio della soccombenza virtuale,
quale regola da applicare nelle ipotesi di cessazione della materia del contendere, per cui
il Giudice debba comunque liquidare le spese di giudizio secondo il criterio della cd
soccombenza virtuale, ovvero secondo quello che sarebbe stato l’esito del processo ove la
cessazione non fosse intervenuta, apprezzato secondo una sommaria delibazione del
merito della pretesa azionata.
Nel contenzioso tributario tale regola generale trova, tuttavia, una deroga all’art. 46 d.lgs.
546/92 ed infatti in tema di spese processuali, nei casi di definizione delle pendenze
tributarie previste dalla legge (non infrequente le ipotesi varie di rottamazione, definizione
agevolate, condoni …) le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha
anticipate.
Diversamente il giudice di merito, ove non si sia in presenza di definizione di pendenze
tributarie previste dalla legge, dovrebbe liquidare le spese secondo il criterio della
soccombenza virtuale, salvo che non ritenga sussistenti gravi ed eccezionali ragioni,
espressamente motivate, che giustifichino la compensazione delle spese di lite (Cass. civ.,
Sez. VI – 5, Ordinanza, 03/04/2018, n. 8090).
Tra queste ultime si annoverano le ipotesi di annullamento in autotutela, per cui è stato
affermato che in tema di processo tributario, alla estinzione del giudizio ex art. 46, comma
1, del d.lgs.n. 546 del 1992, per cessazione della materia del contendere determinata
dall’annullamento in autotutela dell’atto impugnato, non si correla necessariamente la
condanna alle spese secondo la regola della soccombenza virtuale nel caso in cui le
specifiche circostanze della controversia decisa denotino un comportamento processuale
dell’amministrazione conforme al principio di lealtà, ai sensi dell’art. 88 cod. proc. civ.
(Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 29/11/2023, n. 33157).
Quanto alla compensazione delle spese di lite del giudizio tributario è possibile (art. 15 c. 2
d.lgs. 546/92) solo in caso di soccombenza reciproca, ovvero in presenza di gravi ed
eccezionali ragioni, che devono essere espressamente motivate nella sentenza; fra queste
sono state indicate le situazioni di obiettiva incertezza sul diritto controverso, la novità
delle questioni di fatto o di diritto, la mancanza di un orientamento giurisprudenziale
univoco e consolidato, modifiche normative, pronunce della Corte costituzionale o della
Corte di giustizia dell’UE (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 27/08/2024, n. 23134).
Da ultimo il d.lgs. 220/2023 ha inserito l’ulteriore previsione di compensazione delle spese
legali quando la parte è risultata vittoriosa sulla base di documenti decisivi che la stessa
ha prodotto solo nel corso del giudizio.
Ai fini della compensazione delle spese di lite i documenti devono: 1) essere “decisivi” e di
tale decisività il Giudice dovrà dare atto in motivazione, in modo chiaro e logico,
incorrendo diversamente in violazione di legge; 2) essere stati prodotti solo nel corso del
giudizio.
Quest’ultimo inciso si colloca nella ratio generale della riforma fiscale di disincentivare, o
comunque deflazionare il più possibile, il ricorso al rimedio giurisdizionale, valorizzando
la fase amministrativa nella quale la parte contribuente è tenuta ad offrire in
comunicazione all’Amministrazione finanziaria la documentazione a supporto della propria
posizione.
Si ritiene, tuttavia, che la disposizione debba essere coordinata con l’art. 32 c. 6 d.P.R.
600/1973, poiché vi potrebbe essere il caso in cui il contribuente fosse impossibilitato a
produrre i documenti ritenuti decisivi dal Giudice nella fase amministrativa, per causa a lui
non imputabili.
In tal caso la sanzione della compensazione delle spese violerebbe il precetto
costituzionale del diritto di difesa (art. 24 Cost.), mentre, da un punto di vista operativo,
appare un’ipotesi di scuola quella per cui il contribuente, in possesso di documenti decisivi
che possano arrestare già nella fase embrionale l’eventuale pretesa erariale, ometta di
produrli incorrendo nei successivi atti di accertamento esecutivo.
Roberto Ferri
Donatella Di Gregorio

Riferimenti normativi: art. 15 d.lgs. 546/92, art. 19 l. 111/2023, art. 1 d.lgs. n. 220/2023, art. 91
cpc.
Riferimenti giurisprudenziali: Cass. Ord. 32319/2024, Cass. 25.5.2020 n. 9599, Cass. 29.5.2018 n.
13498, Cass. n. 6722/1988, Cass. civ., Sez. VI – 5, Ordinanza, 03/04/2018, n. 8090, Cass. sez. 6-5,
ord. 9 novembre 2017, n. 26616, Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 29/11/2023, n. 33157, Cass. civ., Sez.
V, Ordinanza, 27/08/2024, n. 23134.
Prassi: Dossier del Senato dell’11 dicembre 2023 (A.G. 93), Circ. 98/E 23.04.1996, Circ. 79/E
28.03.1996.

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